Interview with Luigi Ambrosini, 1923
Medardo Rosso Medardo Rosso Medardo Rosso, Issue 6, December 2021https://italianmodernart-new.kudos.nyc/journal/issues/medardo-rosso/
Interview with Luigi Ambrosini, published in the newspaper La Stampa, Turin, on 29 July 1923.
Please scroll below for the English translation of the interview.
Luigi Ambrosini, Parole di Medardo Rosso
Questa fine di luglio caliginosa, avvampata da fiati d’Africa che corrono la città desertica, rimarrà nella mia memoria unicamente per le parole per le impressioni per il vivissimo umano ricordo di te, Medardo.
Ecco lo sfondo di un’alta specchiera su cui si intaglia il tuo bel capo di carducciana potenza, con non so quale celtica dolcezza diffusa e il rosso velluto di uno schienale ai lati della tua falstaffiana persona,spalle vaste, collo col giogo di lottatore; ecco il disordine familiare di una tavola al termine della cena cordiale , succulenta di discussioni, e le stecche verdi delle seggioline nei recinti dei caffè all’aperto e la gente che passa pei viali o nella luminosità cruda dei portici, e i globi aerei delle lampade, gli alti alberi che salgono nell’ombra a bere con le foglie il primo refrigerio della sera; il tuo indice che pesca nel fondo del bicchiere l’ultima scaglia di ghiaccio, e il tuo viso sanguigno, pieno di riccioli delicati sulla fronte, di molle lanugine sulle gote, come una fioritura perpetua di adolescenza, e il bianco pennello della barbetta, i tuoi baffetti puliti di uomo fine, e quel tuo riso d’occhi nel quale par che all’improvviso fuori esca e giochi fra la gente un fanciullo, il fanciullino che è in te, il fanciullino che tu sei, sotto l’uomo che ha tanto vissuto, che ha voluto, e che pensa e che parla così duro insistente preciso dei suoi propri problemi; io non posso fermare a una a una queste immagini e scioglierle dall’intrico di questi giorni e riordinarle sulla carta, tante mi sono nate insieme, l’una sull’altra, nell’abbandono dei nostri dialoghi ai loro corsi mutevoli, nel disordine delle nostre ore d’amicizia accalorata e boema. E io so che tu non vuoi che si riviva la vita riordinando con artificio le cose nate in ordine misterioso, e anche tu dici come l’antico che non ci si tuffa una seconda volta nel medesimo fiume, e una sera mi hai espresso un tuo pensiero bellissimo, uno dei più belli che siano fioriti dalla tua misticità platonica, quando con molto tremore, come fai tu se il genio che hai dentro ti prende al cuore e ti invade tutta la mente, toccando in un discorso il punto dell’ispirazione e visione, hai detto queste parole un po’ balbettate e trovate a una a una quasi cercando con la mano sottile nell’aria una via al pensiero: “L’emozione è un istante e balena e subito fugge e l’artista la insegue e la chiama perché non se ne vada, come fa il bambino dietro alla madre: Mamma sta qui, sta qui, e l’emozione è già fuggita lontano” Tu sei un savio profondo, Medardo, e la mia memoria trepidando corre dietro te che ti allontani dietro il tuo mistico demone.
Io qui trascriverò le tue stesse parole, come tu dici che s’ha da scrivere non bello stile, ma con lo scrivere che è un parlare per immagini.
La prima rivelazione – Mi narrasti come ti venne in giovinezza la prima rivelazione.
“S’eri giuvan e ho capì che rien, niente è materiale nello spazio, perché tutto è spazio quindi tutto è relativo. Minga ho avù bisogn della filosofia del professor Einstein. Mi l’ho dit prima dell’83. Una emozione è più o meno forte, ma è sempre un’emozione. Qui c’è un’ombra, non mica toccarla. Qui c’è un colore non posso mica toccarlo. Dunque tutto riflesso e tutto effetto è relativamente. L’è sta quarant’anni fa.
Stavi a Milan. Minga ho avù bisogn d’andà a Paris. L’è sta un caso. Un giorno son sta a lavurà a l’Accademia Belle Arti. Ci sono scalini che sono nel muro sotto le finestre. Ero lì in queste sale di statue, e dicevo, bisogna bisogna che faccia qualche cosa; era per prendere qualche soldo. Ero capace di far niente; continuavo a guardare questa roba, drole, che mi pareva meno di un giocattolo, fatta come a voler mettere delle fuggevole nuvole sopra a un tavolo. Tu comprends! Come più tardi ho veduto la Cappella Medicea che non mi diceva niente. In quel moment vedo passare una coppia la sul paviment. Guardavo e vedevo che il pavimento, creduto piatto per il marciare sopra materiale, si alzava, veniva avanti, era come un un tono e quelle persone si spiegavano per una opposizione su quella tonalità. Questa ombra che si lasciavano dietro la faceva una roba granda. Io dicevo:” Ci ho ragione, non so perché. Lascio e scappo a un’altra finestra perché più venivano avanti e più quest’ombra restava sacrificata, non mi faceva effetto. L’ombra parlava più di uno di loro in quel momento col suo tono. Altra finestra e guardi. Dico ho ragione. Se io discendo vado là credo di poter toccare quei colori, di prenderli con la mano come sempre tutti han creduto; ma se faccio per prendere quell’ombra per terra non posso; ed è un tono che esiste come gli altri, guidato dalla mia emozione che mi dà tutti quei toni, dunque non prendo nemmeno gli altri toni con la mano, dunque tocco e non tocco. Tutti gli altri hanno sempre visto per il toccare. Non hanno mai rispettato la luce e il colore, pur di far le robe per i ciechi. Ma io tocco o non tocco? E ho detto non tocco. È un infinito, è un’emozione, è una colorazione. Non tocco. La gente ha sempre creduto di vedere per toccare. Non tocco, non tocco. N’est-ce pas? Ho capito le sproporzioni, che gli altri sogliono correggere, e invece sono date per nostre emozioni, che sono vere, senza una prospettiva lineare materiale che vi hanno sempre insegnata, diversa da quella emozione che non può aspettare, aspetta che te copi ! E sono sortito dalla sala, non ero più capace di far niente, ma sentivo che avevo ragione e quello mi bastava. E dopo, ancora rovinato dalla vecchia comprensione materiale, sono stato tanto tempo senza potè lavorà, e dopo ho fatto “Carne altrui” e la “Portinaia” che non ci si girava più attorno. Perché come non si può toccare una colorazione, non si può fare divisione, non si può disgiungere le leggi di luce, di emozione. Un’espresione d’arte prima è stata legata ad una architettura, a un elemento fatto per far danaro, pratico, nella vita, a un decoro apposta che non ha niente che fare con le nostre visioni, col nostro vivere. Ecco voilà tout. C’è dunque sempre stato chi ha veduto con l’intendimento materiale, limitato, a cui dobbiamo le più grndi disgrazie. E mi sun per il buon vedere, perché inegabilment chi più largamente di spazio vede, più largamente vive e pensa, ha certamente un senso e un comprendere di altà nobiltà, meglio di quello allevato angustamente, come sempre finora, grettamente, meschinamente, dunque di gente piccolo tubercoloso, di tanti che credono di fermar l’aria.
Tutto è unità—Non si divide e non si ferma l’aria, tutto è unità, un terrain n’étant que la consequence d’un autre terrain, et le tout faisant partie d’un tout. Come non puoi dividere una colorazione non puoi dividere un pezzo di terra. E’ come l’aria, tout l’è l’aria. Se guardi bene l’acqua in un bagno è tutta assieme, ci sono tanti elementi dentro e il bagnino fa così con la mano per romperla. Se c’è tanti element intern, l’un l’è minga divis de l’alter. Noi siamo scherzi di luce. L’è lì tutt el bel de la roba: unità. El rest l’è tutta bottega. Te ripeti, non si ferma, non si limita, non si seziona un momento di colorazione perché all’emozione non si può comandare. Mi sun sempre sta contro l’oggettivismo, che fa i rob che ghe se gira intorno, quelle statue che sembrano fermacarte. Ma io quando guardo un bambino che poppa il latte, sun pien d’emosiun, senti che l’è roba religiusa, non vedo che la sua mano ha cinque dita. Quella come i quatt gamb d’un caval l’è roba oggettiva, e mi sun sempre stà contro l’oggettivismo in arte, contro la roba limitada, che se ciama banca, danè, bottega. Sta attent: tu vedi che nell’antico una cosa è tanto più bella quanto meno è oggettiva, quanto meno se sent la materia, quanto più ti dà emozione, te fa senti, te fa pensa. L’art l’è la vera manera de fa pensà.
La musica– Tutto è musica. Tout est musique et d’autant plus bonne quand ce n’est pas de Longines; la musique organisée. Mi me ricordi che una volta ero a Govone. Allora ho sentito una musica di un ballo pubblico, vicino a un gran mercante di vino. Tutto quel gran movimento accentuato di gambe, quei gambacc per aria, quell’oduracc de vin, te vedet l’eletricità dei sguard, pien de vita, de sudur, quei musicant, cic ciac pum, ho provato un’emozione più che a sentire la musica di Toscanini.Letteratura, scultura, pittura… J’en sais rien; per me tutto è emozione, e tutto è musica.
Il cinematografo– Io ho sempre provato un gran dispiacere le poche volte che sono andato al cinematografo. Va bene per chi gli piace la fotografia. Anche quello è oggettivismo. Io dico: bisogna che io venga qui, con questo occhio Kodak, per capire il manco di rispetto a tanti momenti emozionanti della vita, quando buon vedere rovinato, come dovrebbe essere bello questo se l’avessi visto con i miei occhi! Così quando sento certi lodare il fonografo penso che è un apparecchio degno nemmeno dei gatti perché i gatt scapperebbero di paura. E’ l’assassinio di ogni stato d’animo, d’ogni grande naturale momento di musica, non vale nemmeno la corda del violoncello quando si straccia, e in quel momento del suo grido stracciandosi evoca ancora la vita.
La religione di Papini— Una volta ero in casa di Papini. Scriveva un libro di religione. C’erano lì i suoi amici. Ho detto apposta: ma che cosa c’è di più religioso di un bimbo che corre a te tutto affaticato dal giocare, dalla vita di un momento, che tu vedi, tu senti quelle gocce d’acqua che fanno gli occhi, che non osi toccarlo, non osi abbracciarlo, t’incute la vera naturale religione e lo guardi e te ste lì davanti a lù rispettus, senza inginocchiarti, ma l’è come se te ghe fusset. Quella l’è minga bottega, eh?… – L’è restà lì!
Gli amici— Ci sono amici di prima categoria, di seconda categoria, di terza categoria. Poi ci sono i coristi.
Chi è il pubblico? – A Clemenceau quando è venuto a trovarmi, parlando di pubblico ho detto: Il pubblico è un toro, si prende per le corna, si conduce per qui per là. Chi è il pubblico? Sono quelli che fanno il pubblico, i menagers.
La gente della domenica—C’è l’arte per la gente della domenica.
L’arte per gli uccelli— Des autres tours de force, tel que des étoffes trempées dans la platee, comme jadis sur des mannequins audjourd’hui pas moins sont appliquées sur des nudités (statues) ou des moulages sur nature, pour obtenir ainsi l’habiliement ; et des clefs, des cordes, des arches, des pléches, des épées, des plumes, ou des pinceaux, des ciseaux sont posés sur le plateau où posent ces statues, pour représenter les differentes spécialités, litterature, peinture, sculpture, architecture, ou encore la force, l’esclavage et quoi encore ? Le tout pour aller, ensuite, faire l’admiration des oiseaux. Car ces œuvres vont souvent placées à plusieurs mètres d’hauteur. Heuresement.
La gente a orologio – Non siamo dei Longines perché respiriamo, e con diverse respirazioni. Tutta la gente a orologio sono gente cattiva….
I due cervelli — Cìè la gente di affari, di banca, che sono mica stupidi. Anche la saccoccia ha un cervello. Ma questo qui è un altro.
Ci si gira intorno — L’arte oggettiva è quella che ci si gira intorno. Le opere d’arte alle quali si gira intorno non sono arte. L’arte è emozione, tutta emozione è una, indivisibile. Tutti i quadri nei quali sono tre o quattro quadri, cioè tre o quattro punti di vista, l’è minga art, l’è bottega. Ci sono dei quadri che potrebbero continuare da Torino a Milano.
Chi tace non dice niente — Io ho sempre lottato. Napoleone diceva: Chi tace consente. La diceva per i suoi affari. Mi invece disi: Chi tace non dice niente, e parli.
La sua logica – Come l’emozione non ha logica! Ma ha la logica de mi, della mia anima.
L’occhio – L’occhio è una seconda luce.
L’ombra e le scarpe – Io non so che cosa vedo, sento che ho un’emozione. Guarda quei toni là. Quell’ombra per terra ha più importanza delle scarpe. Dunque facciamo quella, lasciamo le scarpe.
Per avè rason – -La prepotenza l’è minga una qualità per avè rason.
Giolitti – – Il a l’air de rire de papas et des gamins. Guarda come dire : Faccio finta di crederti questa volta, ma non ti illudere per quest’altra. Un gran notaio di provincia che sa fare gli affari della gente, dietro onesto compenso. Perché ci sono quelli che sanno fare gli affari propri e rovinan la gent. E quelli che rovinan la gent e non sanno nemmeno fare gli affari propri.
Mussolini – El rid ben. Se lassa fa molte fotografi, ma l’à a guardà le facce de quei che ghe sta intorno, i so amis, quei che ghe voelen trop ben.
Lo zero – – Ero a Parigi, non avevo un soldo. Un tale mi dice: Rosso vous etes à zero? – No, ho qualche soldo , ma il mio zero ve lo farò pagar caro, perché tu ne hai bisogno per fare il tuo 10.
Il bimbo malato – – Si sente ancora troppo la materia. Mi piace criticare anche me stesso. Così “La fanciulla che ride” al Museo di Roma. Si sente troppo la materia.Benché Pica e Ojetti abbiano detto che quelle erano le migliori opere mie, io le ho sempre esposte per stabilire la loro inferiorità sulle altre mie.
Sentirsi niente – – Mi sun cuntent quando mi sento niente, un nulla, meno di un sassolino davanti al mare. Il lago non mi fa lo stesso effetto. Mi ribello al pensiero di affogare in quel bicchier d’acqua.
“La concièrge” 1883 – – Non potevo far niente. Stavo nello studio senza lavorare. La portinaia mi gridava, era una buona vecchia, come una mamma. Fin che un giorno ho pensato: che sia quella sacramenta lì che me lassa fa na gòta? Arrabbiato scendo in portineria con la creta. Era un dopopranzo. C’era la portinaia che lavorava. Me buti a lavurà. Avevo in me l’effetto che mi aveva sempre fatto quella donna entrando e guardandola nel passare. Sono arrivato a stracciare quel momento sul vivo. Si fa buio. Copro la tela. Ero stanco di aver gli occhi nella creta, d’avere gli occhi della portinaia dentro di me. La mattina dopo sulevi la tela e guardi gh e sem! Eri cuntent. Me sentivi guarì. M’ero sgravato della portinaia.
Il ridere – – Mi piace la gente che ride bene. Il riso è una gran cosa. El rid lìè la roba più seria pu seria che ghe sia al mond.
Le statue — Non si hanno da fare quadri né statue. Te spieghi subit. Tu mandi un ragazzino da un tale a fargli un’ambasciata e ad avere una risposta. Il ragazzino va, riferisce e quello non dà nessuna risposta. Il ragazzo torna e ti dice: Glielo ho dette, e quello è rimasto lì come una statua. Per dire che non gli ha detto nulla.
Il teatro – El teater fatt apposta.
La natura morta – L’è sempre stata viva. L’è morta per quei là de sota.
La gent che sbaglia — Dal momento che è uno che non sbaglia, non mi piace niente. M’è semper piasù la gent che sbaglia.
Pagare il posto – – Bisogna pagare il proprio posto nella vita, son fauteuil. Quando si è piccoli si cerca di entrare a teatro con uno scappellotto. Quando si è grandi bisogna pagare il proprio posto nella vita.
Educazione piccola – La gente che fa paura al mondo son quelli che badano alle cose piccole. Siamo stati elevati con una educazione piccola, ed è difficile abituarsi al grande. E’ come se tu entri in una stanza piena di latte di petrolio, che se anche non tocchi il petrolio sortirai da quella stanza con l’odore di petrolio. Tu cominci a respirare il piccolo e per farti respirare il grande ce ne vuole!
D’Annunzio – – Il presidente della Casa Io.
Il bello scrivere – – Quante volte ritardi a scrivere a un amico! Perché? Perché ci pensi. Col pensamento stai con lui e intanto non scrivi, e lui non riceve. Lo scrivere non ti dà tutto il tuo pensare. E come ti metti alla carta la memoria ti passa, e allora quando c’è poca roba dentro fai del bello scrivere è il contrario del buon pensare.
Il toccar della mano – Ho sempre lottato contro tutto ciò che è per il toccar della mano, oggettivo, negazione d’aria negazione di spazio, di emozione(statua).
Vivere di spazio – – Più uno vive di spazio meno ha il libro di contabilità in saccoccia.
L’addition – Garcon, el me porta la sua poesia. El cunt!
Translation
This foggy end of July, exacerbated by the African winds sweeping through the desert-like city, will only remain in my mind due to your words, your impressions, to the lively, real memory of you, Medardo. Behold the backdrop of a tall mirror, on which your head is traced, imbued with Carduccian force and a sort of diffuse Celtic sweetness. Your Falstaff-like figure, your broad shoulders, your fighter’s yoke are placed amidst the red velvet of a backrest; behold the familiar disorder of a table at the end of a cordial dinner, ripe with discussions, the green ribs of the chairs within the enclosures of the open-air cafés, and the people walking along avenues or under dimly lit porticos, the aerial globes of the street lamps, the tall trees that stretch into the shadows to drink the first evening cool with their leaves; your index finger fishing the last chip of ice from the bottom of your glass, your sanguine face, your forehead full of delicate curls, the soft hair on your cheeks— the perpetual flowering of youth— the white of your beard, your gentleman’s mustache, and your smiling eyes, which all of a sudden seem to project out a playing boy amidst the public, the little boy that is in you, the little boy that you are, underneath the man that has lived through a lot, who wanted, who speaks and thinks so harshly, insistently, and precisely about his problems; I cannot capture the totality of these details to untangle the mystery of those days on paper, for they were born together, one on top of the other, in the interstices between our variable and winding discussions, in the disorder of the hours of our colorful and bohemian friendship. I know that you do not wish to relive your life by artificially ordering things that were born in a mysterious order, and like an ancient philosopher said, you say that one cannot step in same river twice. One evening, you told me a beautiful thought of yours—one of the most beautiful to have sprung from your Platonic mysticism— when, with a great trembling, typical of when the genius inside you strikes your heart and invades your whole mind, touching the source of inspiration and vision, you said the following somewhat stuttered words, finding them one by one almost as if you were searching for a way to your thought in the air: “Emotion is a moment, it crests and immediately flees. The artist chases after it and begs it not to go, like a child running after his mother: Mommy stay here, stay here, and yet the emotion has already left”. You are a great sage, Medardo, and my anxious mind runs after you as you go away, behind your mystic spirit.
I will transcribe here your very words, because you said not to write in an elegant style, but rather with a writing that speaks through images.
The first revelation —Tell me about how the first revelation came to you in your youth. “I was still young when I understood that nothing is material in space, because everything is space and therefore everything is relative. I did not need the philosophy of Professor Einstein. I said it before ’83. An emotion is more or less strong, but nevertheless always an emotion. Here is a shadow and I cannot touch it. Here is a colour and I cannot touch it. Therefore all reflections and all, absolutely all effects, only exist in a relative way. This came to me forty years ago. I was in Milan. I did not need to go to Paris. It happened by chance. One day I went to work at the Academy of Fine Arts. There are steps below every window. There I was, in the statue rooms, and I said to myself: I must do something; I needed to earn a little money. I was totally incapable of doing so. I went on looking at those things, peculiar things that seemed to me less than toys, made as if it was a question of putting fleeting clouds on a table. Do you understand? The same blank that I later experienced in the Medici Chapel. Just then, I saw a couple passing by, there, on the paving stones. As I looked I saw that the ground, which I believed to be flat so that one could walk on it, was rising up, was coming forward, was like a tone and these people stood out in contrast to this tonality. It was the shadow they left behind them that made it something enormous. I said to myself: I am right, I do not know why. I stopped and ran to another window because as they went further away the shadow appeared to dwindle and it no longer had the same effect on me. At that moment, the colour tone of the shadow was more eloquent than the people. Another window and another look. I am right, I said to myself. If I go down, if I go down there, I will be able to touch those colours and hold them in my hand, just like everyone has always believed; but if I attempt to capture that shadow on the ground, it will be impossible; yet it is a tone that exists like any other, guided by my emotion, which is what gives me all these colours; and I cannot hold them in my hand either, therefore I touch it and yet I do not touch it. All the others have always seen by touching. They have never respected light and colour -fine so long as you make things for blind people. But me, do I touch or do I not touch? And I said: no, I do not touch. It is infinite, it is an emotion, it is a coloration. I do not touch. People have always believed in seeing through touching. I do not touch, I do not touch. Is that not so? I understood the disproportions that others are in the habit of correcting. But they are given to us by our emotions, and are true, without the material linear perspective that we have always been taught, different from this emotion that cannot wait- wait until I catch you! And I left the room, I was incapable of doing anything at all, but I knew that I was right, and that was enough. And then, still debilitated by the old material conception, I was unable to work for a long time, and then I did Carne altrui and La Portinaia, which one could no longer walk around. Because as one cannot touch a coloration, one cannot make the division, one cannot separate the laws of light from emotion. An artistic expression was initially connected to an architecture, to an element made so as to produce money, practical, in life, to a desired decor that has nothing to do with our visions, with our life.
That’s it, that’s all there is to it. Therefore, there have always been people who have seen with a material comprehension, limited, to whom we owe the greatest disasters. And me, I am in favour of the good vision, because there is no doubt that the person who sees more broadly, who sees and thinks more broadly, certainly has a high level of perception and intelligence, unlike the person who is educated narrowly, as always to date, meagrely and meanly, who has therefore the gestures of a little consumptive, like all those who believe they can stop the air.
Everything is unity —You cannot divide or stop the air, everything is unity, one terrain is nothing more than the consequence of another terrain, and everything forms part of a whole. And in the same way as one cannot divide a coloration, one cannot divide a piece of clay. It is like air, everything is air. If you look carefully at the water in a bath, it forms a whole. It is composed of lots of elements, and the little boy in his bath does this with his hand to break it. While there are so many elements inside, one is not separable from the others. We are plays of light, that is, the beauty of the whole thing is there: unity. All the rest is just hackwork. I repeat, you do not stop, you do not limit, you do not divide a moment of coloration, because you cannot compel emotion. I have always been against the objectivism that makes things one can walk around, statues that look like paper weights. For myself, when I see a baby suckling at the breast, I am filled with emotion, I experience that like something religious, I do not notice that the baby’s hand has five fingers. That is like the four legs of a horse, it is something objective, and I have always been against objectivity in art, against limited things, which go by the names of bank, money, shop. Look carefully and you will see that in ancient art the less objective a thing is, the more beautiful it is, the less you feel the material and the more it arouses emotion, makes you feel, makes you think. Art is the true way to make people think.
Music —Everything is music. Everything is music and all the better when it is not Longines; organised music. I often remember a time I was in Govone. While there I heard the music of a public dance taking place near a large wine merchants. All that great furious movement of legs, all those long legs in the air, the reek of wine, the electricity visible in the glances exchanged, full of life, full of sweat, the musicians, chic chac poom, I felt more emotion there than listening to Toscanini. Literature, sculpture, painting … I know nothing about them, to me it’s all emotion, and it’s all music.
The cinematograph — I have always experienced a great deal of disappointment on the rare occasions I have gone to the cinematograph. It is good for people who like photography. That is also objectivism. Me, I say: I must come here with that Kodak eye to understand that they have shown so little respect to so many moving moments of life, that they have wasted so many good visions, and that all that would have been so beautiful if I had seen it with my own eyes! It is the same when I hear someone praising the phonograph. I think that it is a machine unworthy even of cats, because cats would run away in fright. It is the assassin of all states of mind, of all the great, natural moments of music. It is not even worth as much as the broken string of a violoncello, because the sound the string produces in breaking still evokes life…
Papini’s religion — One day I went to visit Papini. He was writing a book about religion. His friends were there. I deliberately said: but is there anything more religious than a child who runs towards you, tired out from playing, from the intensity of a moment, who you see, with his bright eyes like drops of water. You don’t dare touch him, you don’t dare embrace him, and it makes you feel what is the true natural religion, and you look at him, you stand there in front of him respectfully, you don’t go down on your knees, but it is as if you were kneeling. No joke! – He was flabbergasted.
Friends — There are first class friends, second class friends and third class friends. And then there is the chorus.
What is the public? — On the subject of the public, I said to Clemenceau when he came to see me: the public is a bull, we take it by the horns and lead it hither and thither. What is the public? It is those who bring the public together: the menagers.
Sunday people — There is a form of art for amateurs, Sunday people.
Art for the birds — Of other tours de force, such as cloths soaked in plaster, like those formerly put on mannequins, are today applied to nudes (statues) or casts taken from nature, so as to obtain clothing; and keys, strings, arches, arrows, swords, feathers, brushes and chisels are placed on the pedestal supporting the statues in order to represent different fields: literature, painting, sculpture, architecture, and even strength, slavery and what else? The whole lot is destined to be admired by birds. Because these works are often displayed several metres up in the air. Thank goodness.
Clockwork people — We are not Longines, because we breathe, and with different rhythms. All the clockwork people are nasty…
The two brains — There are the business people, the people from banks, who are not stupid. The wallet also has a brain. But it is not the same thing.
Going around —Objective art is art that one can walk around. When it is possible to go around a work of art, it is not art. Art is emotion, whole emotions, it is one and indivisible. All the artworks in which there are three or four pictures, in other words three or four points of view, are not art. That is hackwork. There are pictures that could stretch from Turin to Milan.
He who does not speak up, says nothing — I have always been a fighter. Napoleon said: He who does not speak up, consents. He said that with regard to his affairs. I, on the other hand, say: whoever does not speak up, says nothing; and I speak up.
Its logic — What do you mean, emotion does not have a logic? But it has my logic, the logic of my soul.
The eye — The eye is a second light.
The shadow and shoes — I do not know what I see, I feel that I experience an emotion. Look at those tones there. That shadow on the ground is more important than the shoes. So let’s deal with the shadow and forget the shoes.
Being right — You are not right just because you shout louder.
Giolitti —He looks as if he is laughing at the parents and children. He looks as if he was saying to himself: I will pretend to believe you this time, but don’t get any illusions about the next time .A great provincial notary, who knows how to organise people’s business, for an honest compensation. Because there are people who know how to look after their own affairs and ruin other people. And others who ruin people and don’t even know how to manage their own business.
Mussolini — He is having a laugh. He allows himself to be photographed a lot, but he better watch out for the faces of those around him, his friends, those who wish him too well.
Zero — I was in Paris and I did not have a penny. Someone said to me: Rosso, are you at zero? – No, I have a little money, but I will make you pay a lot for my zero, because you need it to make your 10.
Bambino malato —One feels the material too much. I like to criticize myself, too. The same criticism applies to Bambina che ride in the Museo di Roma. The material is too present. Although Pica and Ojetti have said that those are my best works, I have always shown them in order to show their inferiority compared to my other works.
Feeling nothing — I am happy when I feel nothing, zero, less than a pebble by the sea. Lakes do not have the same effect on me. I rebel against the idea of drowning in a glass of water like that.
The Concièrge, 1883 — I was incapable of doing anything. I was hanging around the studio not working. The concierge was scolding me. She was a good old lady, like a mother. So one day I thought: could it be that the wretched old woman is the one paralyzing me? Furious, I marched down to her room in the entrance hall with my clay. It was just after a meal. The concierge was working. And I started working. I experienced within myself the effect that this woman had always had on me when I came into the building and when I looked at her as I passed by. I managed to catch that moment on her face. Darkness fell. I covered the piece with a cloth. I was tired from keeping my eyes riveted on the clay, from having the concierge’s eyes on me. The next morning I lifted up the cloth and looked: that’s it! I was happy. I felt cured. I had gotten the concierge out of my system.
Laughter — I like people who laugh well. Laughter is a great thing. Laughter is the most serious thing in the world.
Statues — It is not a question of doing either pictures or statues. Let me explain. You send a lad to someone to take a message and wait for a reply. The boy goes and transmits the message and the other person gives no reply. The lad returns to you and says, “I told him and he just stood there like a statue”, meaning that the person said nothing at all.
The theatre — The theatre is intentional.
Still life — It has always been alive. It is dead for those who are dead.
People who make mistakes — I am not interested in someone who never makes a mistake. I have always liked people who make mistakes.
Paying for one’s place — It is essential to pay for one’s own place in life, one’s own seat. When we are children we try to get into the theatre by slipping in with the queue. When we grow up we must pay for our place in life.
Small education — The terrifying people are the ones who are concerned with small things. When one has been educated, as we have, to look at small things, it is difficult to get accustomed to the big things. If you go into a place full of oil drums, even without touching it, you come out smelling of petrol. If you begin surrounded by small things, it is a whole other problem to make you comprehend big things.
D’Annunzio —The President of the House of I.
Good style — How often you put off writing to a friend. Why? Because you think about it. By thinking about him, you are with him and meanwhile you don’t write, and he doesn’t hear from you. Writing does not render your thought completely. And when you are in front of the empty sheet, your memory goes blank, and then when there is little left in you, you invest it in good style, and good style is the antithesis of good thought.
The touch of the hand — I have always fought against everything that is meant for the touch of the hand, objectivity, negation of the air, negation of space, of emotion (statue).
Living off space —The more someone lives off space, the less likely he is to have account books in his pocket.
The bill — Waiter, bring me your poem if you please. The bill!
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