Concepimento – Limite – Infinito

Medardo Rosso Medardo Rosso Medardo Rosso, Issue 6, December 2021
https://italianmodernart-new.kudos.nyc/journal/issues/medardo-rosso/
Abstract

 



Article published in L’Ambrosiano, Milan, on January 12, 1926.

Please scroll below for the English translation

CONCEPIMENTO – LIMITE – INFINITO

L’opposto elemento ben specializzato statuario. sempre e tuttora padrone del governo, ovunque imposto. Di questa sua sola forza infatti ben indicato «ufficiale» da secoli ad oggi proprietario «menager» esclusivo, della mondiale brevettata, opposta materiale educazione quella (e la sola) sempre a base di limiti, di opere sempre stabilmente concepite, quelle per il toccar della mano «per il girar attorno» comprese per fabbricato. Di concetto astratte e di ben ultima categoria. Perché d’ogni altre le più banali, «dunque le più nefaste» che sono quelle della seconda Grecia e succursali. Roma e Rinascimento, senza dimenticar la sottosuccursale giustamente detta «Empire» —quella del signor Canova — non è difficile comprendere come mai, né prima né ora, quell’elemento si sia mai dichiarato disposto a sacrificare quei suoi prodotti, facilitarne la loro condanna. avermi avuto attenzione differenti di quelle prodigatemi continuamente per ben già 30 anni. 

E dire che per quelle differente statile concepimento che è la «patria limitata» nei miei 36 mesi di caserma per questa casa «nazione» (senza aver trovato mai le carte dei miei primi antenati) avrei anche potuto per questa essere accoppato in uno di quei suoi prodotti «specialità», una di quelle sue macellerie! e per dei cosiddetti «colleghi» di Ettore Ferrari direttore della casa Massoneria («altro stato»), e Leonardo Bistolfi — senatore— poi il commendatore Tito, che già all’Internazionale  di Roma fece levare da quella sua sala le mie opere, che dovettero attender da quel signor Ferrari, di quell’Esposizione allora presidente, 50 giorni per essere riesposte, ma non mancano da quella segreteria d’essere annunciate alla stampa presente il giorno dell’inaugurazione. E il comandante Ugo Ojetti, ed altri ancora, loro successori, che avrebbero stessamente potuto comandarmi, dico: farmi sgozzare a quei momenti di apoteosi di quest’altra non dissimile specialità per suoi limiti frontiere non differente, uguale statile concepimento.

Ho detto quelle opere della seconda Grecia, Roma, Rinascimento, le più banali, le più nefaste, perché infatti più materialmente concepite, più d’ogni altra alla portata di tutti, si è potuto di queste stabilire mondialmente tutta una si grande educazione «intrapresa» che forte di quelle filiali (tutte di convivenza) che sono quei differenti altri stati: di quell’immenso quantitativo di reclute ovunque in queste sparse. Di questi varii corni d’armata (vero militarismo non differente da quello troppo conosciuto) e di quel pretico sì bene organizzato insegnamento (tale una ricetta per pillole) in quelle diverse accademie, scuola, e «ateliers» di quei grandi maestri, si è così da secoli a oggi sempre potuto preparare quel si numeroso quantitativo di allievi che praticiens (collaboratori) in seguito rimpiazzando nel loro pensare, nei loro bisogni quei grandi maestri (aspettando più tardi la loro volta l’eguale avanzamento) non è stato mai difficile, sia al grande deposito che è quella Direzione, detta Culla delle arti (speriamo presto un letto: e per altri migliori intendimenti), tornire quell’enorme produzione di sì gioconda specialità e di queste ovunque ugualmente ingombrare tutto loco, anche più intimo.

Se a questa forza numerica di «produzioni» alla questione sempre primaria di quell’elemento, (mai dimenticata) che è quella del guadagno di una sicura situazione e fin da prima infanzia l’abitudine di vedere ovunque quelle produzioni, nonché l’obbligo, il dovere, di comprenderle come dei capolavori, a preferenza di tutte quelle di altre epoche. E subito il culto per quegli indispensabili nomi, di quei successori, Michelangelo. Raffaello. In auto sempre, non meno che di altri della stessa più o meno tradizionale marca. Ma. certamente non quei: di Velasquez. Goya, Turner (ultime sue opere), o di altre benché legate a architettura quali Egizie e Bizantine, Etrusche o Gotiche. E se per quelle opere aggiungete la proferenza di sale da secoli loro dedicate, appositamente addobbate, non prive di confortanti seggioloni, per ben ricevervi, ben riposarvi, dormevolmente ammirarle, con edizioni di lusso, fotografie, nonché la speculazione delle acartoline postali, per quelle sempre di preferenza; e infine perché niente possa rimproverarsi alla buona organizzazione — una quantità di funzionarii, storici, critici, supercritici, inseparati ad ogni combinazione, deliberazione. Arbitri sempre pronti alla réclame, a coadiuvare quei maestri passati e certo non meno quelli presenti. Di loro differenti situazioni «alti decori» non altrimenti mai, pure funzionari, impiegati, dipendenti: di quella casa «stato» molti di trent’anni almeno di potere, «veri fondi di clientela a credere?». Certe come sopra ben troppo conosciute. A ogni istante scrupolose, attente, sacrificare, sopprimere chi non dei loro, con ogni abuso sempre legalmente possibile. Ma però bisogna ammettere sempre subito destri a far voltafaccia, se l’interesse della casa, la speranza di una nuova recluta, che forse dimentica del passato possa aumentare la loro famiglia, si imponga. E dopo quanto come non riflettere alla difficoltà di sbarazzarsi di tale educazione e di sua infezione, non dirla indegna anche dello stesso 606?…

A quell’elemento statile, benché di materiale meno duro alla mano, appartiene quello detto pittura. Di suo primo. secondo, terzo, quarto piano, dei suoi multipli effetti alla volta (benché sovente di un pittoresco superficiale mascherato) d’aneddoto dei suoi limiti «non meno statile che bassorilievo» quindi stessamente oggettivamente compreso. ha mai cambiato da quell’elemento statuario.

Mancante d’emozione, di quella prospettiva altrimenti illimitata, di quell’unità dunque che da questa solo può risultare a causa del nostro stato d’anima per quella sua trepidazione sempre inseparata, infinita; espressione continua, ripeto, di ogni nostro pensiero, minimo, impercettibile scosso sia per quella più o meno sorpresa, a causa dell’imprevista apparizione, di quei differenti effetti, luminosi, che per le nostre varie fasi sociali a essi concatenati, e per cause risultanti «vissute». Come dunque non ammette che di questa nostra altrimenti orologeria umana, di questo sussulto nostro differente stato d’animo, commozione «vitalità nostra» mancante, essa non lasci di appartenere come sempre all’altra orologeria, quella all insegna, «sta fermo, che te copi» la vera corrente all’altra fabbrica, della stessa industriale celebre marca «Longines».

Dopo quanto ho su esposto se dobbiamo aver riguardo per l’interesse avutoci dalla prima infanzia, come ancora ammettere l’innesto di quell’educazione statile «limite». Quantunque mondialmente ammessa, per quelle etichette stesse a quell’insegnamento applicate, tali che – Patria limitata – Statuaria – Natura morta – non confessa il suo errore? E come allora non domandarsi se quell’insegnamento non fu sempre piuttosto uno scherzo? Se quegli insegnanti passati e d’oggi non furono, non sono ancora che degli incoscienti, dei sorpresi nella loro buona fede, e se, diversamente cosciente che dei colpevoli, perché dei consapevoli di un ben premeditato inganno, dunque «abuso di fiducia» e questo tanto più condannabile perché consumato su esser di prima eta, incapaci a difendersi, e non domandarsi: perché, per quali interessi ancora quel virus, quell’innesto continui?

Negare il segno di vitalità nostra che è quella altrimenti, ripeto orologeria umana, quella sempre illimitata indivisible, trepidazione, indicate quella differente sempre emozione. «tassametro», stato d’animo nostro. È credere poter limitare, sopprimere, nostro pensare (noi stessi) a tutto sprazzo di istante, forse inseparate dell’elemento «luce»? È come voler non ammettere quando a qualunque già nostro abituale momento benchè di minima intensità di vita, per l’espressione di quel vostro stato d’animo. siete a dover riconoscere, che tutta la tonalità per il concepimento materiale sempre creduta lontana, per questo altrimenti di luce «commozione» viene invece per sua dominante avanti a quella invece creduta sempre avanti. viceversa, indietro?

Questa evidenza innegabile di inseparato, di spazio, «aria, vita» sola dimostrata, ripeto, da una prospettiva illimitata, quella d’emozione, maggiormente sarà difficile negarla quando più ancora quel vostro affanno commozione sarà inteso. Qualunque sia la brutale forza «governo» che da altre interessate più o meno intraprese di quel breve stato suo materiale fetido, concepimento potrà mai negare l’accentuazione, lo spiazzamento di quelle tonalità (riflessi) mrcante così quella più o meno agitata vostra esistenza (vedi già opera mia, intervista libro Claris 1901, tout bouge riens est materiel dans l’espace; impossible avoir jamais vu les quatre jambes du cheval; e per evitare ancora malintesi… sempre insisto, ripeterò che niente potrà mai giustamente risultare che se non interpretato di tonalità, cioè mai dunque «oggettivamente», materialmente). E questa ragione, evidenza di spazio «aria» si imporrà a voi, ripeto, di tale autorità che ad esprimere quel vostro accentuato sussulto. commozione: lo spiazzamento di quelle tonalità sarà allora tale, che quelle dominanti loro già entrando in voi, a tutto benché minimo abituale vostro momento. assorbendo già tutte le altre meno conseguenti, a tutto precipitato, fulmineo istante di agitatissimo vostro pensiero. «estremamente affannoso stato d’animo» constaterete diversamente queste rare risultanti cerchino ancora divorarsi a vicenda. E loro invasione straripamento in vol tale sarà che quelle poche tonalità rappresentative vostra parte sempre inseparate a ciascuna di quelle differenti riunioni, di colorazione, le pensate da tempo già da quello assorbite. L’intensità, unificazione di quell’imponente opposizione allora di grandezza tale si imporrà che più volte dopo volendo esprimervi direste: «Che aria, si crederebbe di morderla…».

Ciò negare sarebbe lo stesso che voler ancora non ammettere come alle volte presi da un’ estrema dominante tonalità, ad esempio quella violacea, questa di sua diminanza a vosta sensibilità non la vediate come pioggia diversare ovunque.

O ancora come non voler riconoscere quell’altra luce (energia massima) quella non meno illimitata ma più intensa sempre benché da essa inseparata, nel nostro più o meno accumulato pensare – altrimenti per i ciechi – a noi pel nostro riguardo pure rivelata? E malgrado tale evidenza grandezza continuare credere, dire: d’aver visto due occhi.

Non voler arrendersi ammettere che stracciare un giusto valore apposizione dominante, di quell’effetto vissuto (che è quel fauteil vita nostra duramente pagato) in quel momento di sorpresa (allora che siete, perché non sapete d’essere) che solo cosi ogni opera concepita possa veramente resistere, imporsi, sopravvivere?

D’aneddoto, dei suoi limiti, di suo insulto la luce emozione quell’opera malgrado suo differente materiale e da prima età indicatevi pittura di suo materiale concepimento varietà mai dall’elemento «statua» negazione vita?

Medardo Rosso

 

CONCEPTION – LIMIT – INFINITE

The opposite element specialised in statuary has imposed itself and everywhere governments are under its thumb. This is its only force and in fact, for centuries, considered “official”, the exclusive manager owner, of the worldwide patent opposed material education, which (and only) is the basis for limits, statically conceived works, those to be touched by the hand, “to be walked around”, quite evidently products. Conceived as abstract and of the lowest quality. And if you take the most banal, and “therefore the most unlucky”, those of the second Greece and its subsidiaries, Rome and the Renaissance, without forgetting the subsidiary rightly called “Empire”- of Mister Canova- it is not hard to understand why this element has never- now or in the past – been prepared to sacrifice those products of his, to facilitate their condemnation, to have treated me better and not as I have been treated for the past thirty years.

And to say that for that different static conception of “limited motherland”, during my 36 months of military service for this house “nation” (never finding the documents of my ancestors), I could have been killed in one of its “specialty” products, one of those slaughters! and by the so-called “colleagues”, by Ettore Ferrari director of the Masonry house (“alternative state”), and Leonardo Bistolfi – senator – then by commander Tito who had removed my works from that room at the International Exhibition of Rome, which had to wait – thanks to this mister Ferrari, its president at the time- 50 days before being reinstalled, but which their secretariat nevertheless announced to the Press as being present the day of the official opening. And commander Ugo Ojetti, and many more, their successors, who would have likewise commanded me, I mean, would have throttled me in those triumphant moments of this other similar speciality, with similar limits or borders, equal to static conception

I have called the works of the second Greece, Rome and the Renaissance the most banal, unlucky, because since they are more materially conceived and accessible to all, they have been tools for the universal establishment of a great educational “enterprise” reinforced by those subsidiaries (all cohabitants) that comprise these different States; by this huge amount of recruits scattered throughout them. Thanks to these various armed corps (real militarism and no different from that all too familiar) and to the well organised church schools (like taking prescription pills), in these various academies, schools, and ateliers of those great masters, for centuries such quantities of pupils prepared, of praticiens (practitioners) that immediately replaced their own thinking and needs with those of their masters (hoping that one day their turn would also come), and it has never been a problem, neither at the great warehouse nor at said Department called the Cradle of Arts (let us hope it soon becomes a bed and for much better uses), to furnish this enormous production of blithe specialities and that invade spaces everywhere, even the most private. 

Add to this numerical force of “products” the primary and enduring matter of this element (never forgotten), which is to secure a position and from tender childhood being in the habit of seeing these products everywhere, besides the fact of being forced to consider them masterpieces, and to prefer them above any others from any other time. And on its heels comes worship for the indispensable names, for their successors, Michelangelo, Raphael. To always assist others of the same traditional ilk. But certainly not for others: Velázquez, Goya, Turner (his late works), or other works, although linked to architecture, such as Egyptian, Byzantine, Etruscan or Gothic. Add to those works the halls dedicated to them over the centuries, expressly decorated for them, with comfortable armchairs, for visitors, for resting, to admire them sleepily, with sumptuous publications, photographs and postcards for the favoured ones; and finally so that nothing can be said about the good organisation – quantities of clerks, historians, critics, supercritics, all together in every debate. Arbiters always on the alert for réclame, ready to help these past and present masters. Whose “high merits” are only these situations, being clerks and employees: in this “State” lineage, many with at least thirty years of power, “true groups of complacent clientele?”. Some of them, the above-mentioned, all to well known. Scrupulous and attentive always in order to suppress and sacrifice those who do not belong, through every possible legal abuse. Although it has to be admitted that they are always ready to change alliances, if in the house’s interest, the sighting of a new recruit to add to the family, they are ready to forget the past. And after all these questions, how can you not wonder about the difficulty of shedding such an training and its germs, not consider it unworthy even of the 606 itself? ...

So-called painting belongs to this statical element, although a material softer to the hand. Its first, second, third and fourth planes, its multiple simultaneous effects (although often masqueraded, superficial and picturesque), limited to the anecdotal, “no less static than a bas-relief” and therefore considered equally objective, it turned away from the statuary element.

Lacking emotion, with its otherwise unlimited perspective, as well as the unity that can only be its result due to our state of mind for its ever infinite and present trepidation; a continuous expression, I repeat, of every one of our thoughts, minimal, imperceptible shock from either the unexpected presence of those different luminous effects or to our various social phases and linked to them thanks to these experiences. And therefore it does not admit that in this human clock-works, this fright of our different states of mind, this lacking “vitality” shock, painting still belongs, as always did, to the other clock machinery, the one that says “don’t move, I’m copying you”, to the real current, the other factory, of the renowned industrial brand “Longines”. 

After all I have said, if we must show respect for the teachings of our early childhood, how can we admit the graft of this “limited” and static education? Because even if universally accepted, doesn’t it confess its error of applying those same labels – limited Motherland – Statuary – Still Life – to this teaching? How then can you not think that such teaching has been nothing but a bad joke? If these past and present teachers were not, and are still not irresponsible, taken by surprise due to their good faith, or if, instead, aware and guilty, because they were making a deliberate deception, and therefore a “breach of trust”, all the more condemnatory since applied to defenceless children, how can we not ask ourselves: which are the interests that perpetuate this virus, this graft? 

To deny the sign of our vitality represented by this, I repeat, human clock machinery, this always unlimited and indivisible trepidation, which indicates this always different emotion, the “taximeter” of our state of mind, is to believe that our thoughts (ourselves) can be limited to every fleeting moment, perhaps, inseparable from “light”? As if reticent to admit, at any moment of scarce vital intensity, to express your state of mind, are you obliged to acknowledge that tonalities of material conception considered distant, due to the emotive factor of light, comes forward and what we thought placed in the forefront, to the contrary, moves to the back?

This undeniable evidence of non separation, of space, of “air, life”, only demonstrated- I repeat- by an unlimited perspective of emotion, will become even harder to deny the more your breathless shock is understood. Whatever the brutal force of a “government” may be undertaken by other enterprises interested in that brief state of foul material, the conception can never negate the accentuation, the disorientation of these tonalities (reflections) that more or less mark your agitated existence (see in my interview in Claris 1901, “tout bouge riens est materiel dans l’espace; impossible avoir jamais vu les quatre jambes du cheval” and to avoid further misunderstandings … I always insist and repeat that nothing will rightly come out if it is not interpreted by means of its tonality, that is never “objectively”, materially). And this reason, this evidence of space “air” will impose itself on you so that you can express your accentuated shock; the emotion and disorientation of those tonalities will be such that, those dominant tonalities already instilled in you, into every even minimal usual moment of yours, absorbing all the other less consistent ones, into every hasty and flashing moment of your highly agitated mind, “extremely feverish state of mind “, these rare results will seem to otherwise devour one another. And their invasion outburst will be such that you will think that the few tonalities which were representative for you, inseparable from each of these various reunions, of colouring, seem already absorbed. The intensity and unity of such impressive opposition once grand will make you say: “The air is so thick, you can even bite it!…”

To deny this would be like not wanting to admit that sometimes an extremely dominant tonality, for instance purple, diminishes m your perception until you see it as rain falling everywhere.

Or else, how can we not recognise this other light (maximal energy), this no less unlimited but more intense, although undivided from the other, in our accumulated knowledge – otherwise for the blind – revealed to us thanks to our vision. And in spite of this grandness and evidence, you continue saying that you have seen two eyes.

Can’t we realise that the only way for every conceived work of art can resist and survive is by ripping away a dominant value from the experienced effect (which is that hard-earned fauteuil1 of life) in these moments of surprise (that is, what are you, why aren’t you aware of your existence)?

Does light give emotion to a work of art, with its anecdote, its limits and its offenses in spite of its different material and of having been instilled in us, when children, painting as a variance of material conception and never as the “statuary” element, denial of life?

Medardo Rosso

  1. “Armchair”
About the Author

Back to Top